La passione del nostro caro amico Pasquale per Oscar Wilde nasce da ragazzo quando durante le sue letture estive si approccia al “Ritratto di Dorian Gray” e si innamora del suo stile semplice e pieno di significati reconditi.
Il romanzo, del 1890, è ambientato nella Londra vittoriana pervasa da una mentalità tipicamente borghese. Narra la storia di Dorian Gray, un ragazzo bellissimo che arriva a fare della sua bellezza un rito insano e che si conclude tragicamente con un omicidio. La bellezza è vista come una colpa da castigare e fustigare.
Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde, noto come Oscar Wilde, è nato a Dublino il 16 ottobre 1954 ed è morto a Parigi a soli 46 anni il 30 novembre 1900. Autore dalla scrittura a semplice e spontanea, ma sostanzialmente molto raffinata ed incline alla ricerca del bon mot, con uno stile talora sferzante e impertinente egli voleva risvegliare l’attenzione dei suoi lettori e invitarli alla riflessione. È noto anche per l’uso frequente di aforismi e paradossi nelle sue opere per i quali è tuttora spesso citato.
L’episodio più notevole della sua vita, di cui si trova ampia traccia nelle cronache del tempo, fu il processo e la condanna a due anni di prigione per «gross public indecency», come era definita l’omosessualità dalla legge penale che codificava le regole, anche morali, riguardanti la sessualità della
sua stessa classe sociale.
Visse gli ultimi anni della sua vita a Parigi solo ed in miseria e alla sua morte fu sepolto nel cimitero degli artisti Pere Lachaise.
Come tutte le opere di Wilde, anche Il ritratto di Dorian Gray è ricco di sentenze, collocate dai critici nella categoria di aforismi; questo particolare tipo d’espressione, artificiosamente spontanea se vogliamo, conferisce allo stile di Wilde un modo tagliente di affrontare le verità della vita, aderendo perfettamente al carattere, quasi armonizzato ai suoi stessi pensieri, di quello che probabilmente è il “crypto-personaggio principale” dell’opera, Lord Henry Wotton. La maggior parte degli aforismi, infatti, prende vita attraverso la straordinaria eloquenza di Henry, o comunque viene quasi sempre ricondotta alle sue oscure teorie sulla vita e sull’arte. Lord Wotton, per usare le parole con cui lo stesso autore lo descrive all’interno del romanzo, “sembra aver riassunto il mondo in una frase”.
Wilde stesso parlò di questo punto in più occasioni, notando quasi con rammarico che tutti pensassero al romanzo come a un’opera autobiografica in cui, attraverso i vari personaggi, lo stesso autore non faceva altro che rappresentare le varie inclinazioni del suo stesso carattere. Non è da dimenticare che questa fu una parte decisiva rispetto alla sua successiva incarcerazione; i capi d’accusa contro di lui si rifacevano in buona parte ad innumerevoli passi di questo romanzo. Le colpe di Dorian Gray e gli affilati aforismi di Lord Henry diventarono i delitti dell’autore stesso.
L’impatto di Wilde sulla Londra vittoriana fu di immenso potere culturale, quasi d’avanguardia. Tutto quello che egli diceva, come si comportava, veniva preso
come una rivolta contro le regole che facevano da pilastri a quel mondo così austero. I suoi aforismi lo condannarono così come lo portarono ad avere
un posto nella storia immortale della letteratura.
Come molti critici si divertono molto spesso a sottolineare – non ci si stupisce poi che lo stesso autore detestasse questa particolare categoria -, quelli di Wilde non sono veri e propri aforismi, ovvero generalmente non sono autonomi, o slegati dal contesto; molti faticano a vedere le verità che si nascondono dietro il loro paradosso artistico. Ma la loro forma non è che il pretesto.
Nonostante ciò, infatti, essi riescono forse con maggior precisione a far notare, o forse provare, al lettore tutto ciò che lo stesso scrittore precisamente voleva che arrivasse all’io segreto di chi legge.
Molte sentenze, pur parendo solo frasi ad effetto o teorie che condensano luoghi comuni per poi rovesciarli, rispecchiano un profondo e arguto interesse filosofico nei confronti non solo della natura umana, ma anche verso ogni sua sfumatura, tanto da riuscire a giungere nei più nascosti ed inconfessabili meandri dell’animo umano.
Vero è che molti aforismi del romanzo possono essere facilmente rovesciati, anche perché molti derivano dallo stesso rovesciamento di luoghi comuni; però esprimono ugualmente argute riflessioni, alle volte difficili da accettare per noi tutti; essi sottolineano l’enorme genialità di Wilde e la sua profonda conoscenza della vita e dell’Arte.
Lord Henry pronuncia anche molti paradossi autentici, questo a detta di molti, ma in qualche strano modo la cosa non fa che renderli più veri. Quasi incontestabili.
Oscar Wilde scriveva: “Non ho mai scritto tanti aforismi quanti quelli che mi si attribuiscono”. Effettivamente ne ha scritti solo quattro, gli altri si trovano nelle sue opere. Di seguito alcuni dei suoi più celebri aforismi:
- “Nella rigida società inglese si può dimenticare ogni cosa eccetto una buona reputazione”.
- “Non si dovrebbe mai fare il proprio debutto in uno scandalo”.
- “La vita è troppo breve per sprecarla a realizzare i sogni degli altri”.
- “Un artista non ha inclinazioni etiche. L’inclinazione etica in un artista è una aberrazione”.
- “Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni”.
- “Amare se stessi è l’inizio di un idillio che dura una vita”.
- “È meglio aver amato e perso che non aver amato affatto”.
- “Tra uomo e donna ci può essere amore e passione ma mai amicizia”.
- “Le donne sono fatte per essere amate non per essere comprese”.
- “Un amico e colui che ti conosce bene e nonostante tutto continua a frequentarti”.
Questo mio scritto è solo un piccolo scorcio su Oscar Wilde e le sue opere e non una trattazione dettagliata. A tal proposito cito un suo celebre aforisma:
”Amo molto parlare di niente. E’ l’unico argomento di cui so tutto”.
Angelantonia Nappi